Andreas Resch: Genoveffa Torres Morales

GENOVEFFA TORRES MORALES
(1870-1956)

FONDATRICE
DELLE FIGLIE DEL
SACRO CUORE DI
GESÙ E DEI SANTI ANGELI

Beata: 29 gennaio 1995
Santa: 4 maggio 2003
Festa: 5 gennaio

GENOVEFFA TORRES MORALES nacque il 3 gennaio 1870 ad Almenara, paese della provincia di Castellón, Spagna, come beniamina dei sei figli di José Torres Seguí e Vicenta Morales Sanz. Al battesimo ricevette il nome di Genoveffa. Quando la bambina aveva compiuto appena un anno, morì il padre, e in pochi anni morirono anche quattro dei suoi fratelli. Educata dalla madre, frequentò la scuola del paese, dove imparò a scrivere, a ricamare e a cucire. Nel 1878, quando aveva solo 8 anni, morì anche sua madre. Da quel momento imparò ad essere donna di casa e dovette lasciare la scuola. José, suo unico fratello sopravvissuto, fece per lei le veci del padre. Era buono, ma troppo esigente, serio e di solito poco comunicativo. Nel gennaio 1943, all’età di 73 anni, Genoveffa scrisse con una punta di amarezza: « Ho molti anni. Ho sempre vissuto senza l’affetto di nessuno, neanche dei parenti. Erano lontani. Solo un fratello, e per alcuni anni … E quale era il servizio che ho prestato al mio fratello maggiore in quel breve periodo? Quanto mi hanno fatto bene la sua severità e le sue esigenze! ».

Imparò a soffrire e ad essere umile. Scrive ancora Genoveffa: « Giustamen­te Dio permette di essere senza nome, senza alcuna istruzione. Manco di tutto; ho bisogno di tutto ». « Vivere come un povero domestico che serve il suo padrone in questo mondo, senza alcun bene materiale né appoggio spirituale significa vivere l’autentica vita dell’anima qui in Terra, Signore ».
A dieci anni le venne la voglia di leggere libri, soprattutto quelli spirituali. In uno di essi lesse che bisognava fare sempre la volontà di Dio, poiché per questo siamo nel mondo, e che ognuno doveva svolgere il compito che Dio gli aveva assegnato. Diventò questa la sua norma di vita.

Dopo il matrimonio del fratello, quando la cognata dopo il primo parto morì, dovette prendersi cura anche della nipotina, rapita alla vita in tenerissima età.
All’età di tredici anni, nel 1883, già sofferente di dolorose malattie dovute indubbiamente anche alle eccessive fatiche del lavoro che doveva svolgere, in una vita di solitudine e privazioni, subì l’amputazione della gamba sinistra per un tumore al ginocchio; l’operazione venne eseguita, dati i pochi mezzi che si trovavano allora, sul tavolo della propria casa e senza una sufficiente anestesia. La conseguenza di un’operazione eseguita in condizioni così precarie fu che mai più le si poté applicare una protesi; e così, per tutto l’arco della sua vita, fino a 86 anni, fu costretta a fare uso delle sue inseparabili stampelle. Nel 1885, la malattia si manifestò nuovamente. Il corpo si riempì di piaghe e il più lieve movimento le causava forti dolori.

Nel 1886, passato José a nuove nozze, Genoveffa, per volontà della nuova cognata, dovette lasciare il nido familiare di Almenara, a lei sacro per tanti ricordi sigillati con il sangue e le lacrime. Fu allora accolta nella « Casa di Misericordia » di Valenza, retta dalle Carmelitane della Carità, dove rimase dal 1885 al 1894. Fu don Carlos Ferris, in seguito apostolo gesuita e Fondatore del lebbrosario di Fontilles (Alicante), a dirigerla ed aiutarla. Dopo nove anni di soggiorno sentì la chiamata di Dio alla vita religiosa e chiese d’entrare come suora tra le Carmelitane; ma non venne ammessa a causa del difetto fisico di cui soffriva. Genoveffa non tentò di chiedere l’ammissione in altre congregazioni. Tuttavia, non desistette dal cercare la volontà di Dio sulla sua vita.

Aveva ventiquattro anni, quando, nel 1894, lasciò la « Casa di Misericordia » e si ritirò nel suo paese natio insieme con due donne, Isabel Futter e Amparo Ribes, con l’idea imprecisa di dare vita ad un’associazione con fini spirituali: culto eucaristico e assistenza ai bisognosi. Si dedicò ai lavori manuali, per i quali Genoveffa aveva molta abilità; stabilì altresì la « Veglia notturna a Gesù Sacra­mentato per le signore ». Aveva uno spirito eucaristico riparatore ed una grande devozione al Sacro Cuore di Gesù, spiritualità che la distinse per tutta la sua vita.

Nel 1911 il canonico don Giuseppe Barbarrós propose alle tre compagne di creare una nuova fondazione. « Sono molte le signore povere che si presen­tano al mio confessionale, signore che hanno solo una pensione-rendita in casa e non possono vivere in modo autonomo; le poverette soffrono e sopportano molti dolori e altre cose, vivendo in affitto o in altro modo ». Consultato il padre Martin Sánchez, S.I., direttore spirituale delle tre compagne, il 2 febbraio 1911 Genoveffa fondò a Valenza, con quattro residenti, la « La casa de señoras retiradas…bajo la protección de nuestra Señora de los Desamparados ». Sorse così la Congregazione delle Sorelle del Sacro Cuore di Gesù e deiSanti Angeli, le « Angeli­che », come sono da tutti conosciute. Genoveffa fu nominata Direttrice della Casa.
La missione specifica di questa nuova fondazione era l’accoglienza e la cura alle signore e signorine costrette alla solitudine. Queste Case-Residenze Geno­veffa le volle come una continuazione del loro focolare domestico, nel quale le signore potessero godere della pace e della tranquillità che la propria famiglia non poteva dare loro; si andò coprendo, così, una necessità che viene molto sentita anche dalla società del nostro tempo.

Nel maggio del 1912 Genoveffa si recò a Saragozza, dove il 31 luglio fu inaugurata una nuova casa. Qui ebbero sede, dopo diversi tentativi, la Casa Generalizia e la Casa di formazione. Col sorgere delle vocazioni crebbero le fondazioni. A partire dal dicembre 1912, le religiose vestirono il loro caratteri­stico abito. Nel 1915 cominciarono a consacrarsi a Dio con voti privati, dopo aver elaborato degli Statuti che contenevano il nucleo di quello che sarebbe stato il futuro Istituto Religioso. Il 5 dicembre 1925 fu promulgato il Decreto in forza del quale la Società Angelica veniva eretta in Istituto religioso diocesano. Il 18 dicembre dello stesso anno, l’arcivescovo di Saragozza ricevette la professione religiosa di Genoveffa e delle sue 18 compagne. Due giorni dopo Geno­veffa fu nominata Madre Generale dell’Istituto.

Continuarono le fondazioni, ma si avvicinavano anche momenti difficili come conseguenza della persecuzione religiosa nel 1931 e della guerra civile spagnola nel 1936.

Nella Casa di Valenzia le Suore poterono assicurare protezione ad altre persone, non solo a diversi membri di congregazioni religiose, ma anche a gruppi di secolari, con la possibilità anche di conservare ilSantissimo Sacra­mento. Finita la guerra, Madre Genoveffa incoraggiò le sue Figlie al recupero delle case perdute durante il conflitto, e da allora l’istituto si estese per tutta la Spagna. Tra il 1939 e il 1941 doveva essere edificata una nuova casa presso la basilica di Pilar, dove la Casa Generalizia, la residenza per signore anziane e la pratica dell’accoglienza rimangono un monumento della fede e della carità di Genoveffa.

Qui essa trascorse gli ultimi anni in atteggiamento di servizio non solo verso le donne ospiti, ma anche verso le Religiose Angeliche, delle quali era Madre Generale. In tal modo si esaurivano le sue forze, ma l’opera continuava a diffondersi. In questi anni niente dovette far piacere di più a Genoveffa, della concessione, da parte di Roma, del «Decretum Laudis », che fu dato a Roma il 25 marzo 1953 e venne festeggiato con tutta solennità nelle Case dell’Istituto. La Congregazione acquistava, così, carattere pontificio universale, e cominciò a portare da quel momento il nome di Figlie del Sacro Cuore di Gesù e deiSanti Angeli.

A causa d’una completa sordità e delle sue forze sempre più deboli, nel quarto Capitolo Generale del 1954 venne eletta una nuova Madre Generale, e suor Genoveffa seppe mostrarsi una religiosa rispettosa ed obbediente. Dopo un attacco di apoplessia, il 30 dicembre 1955, e l’amministrazione dell’Unzione degli infermi, Madre Genoveffa morì in fama di santità a Saragozza, il 5 gennaio 1956, a ottantasei anni di età, nota a tutti come l’« Angelo della Solitudine ». La sua vita si può ben definire un miracolo della grazia di Dio. Sia in vita che dopo la morte fu sempre accompagnata dalla fama di vera e autentica santità.

I resti mortali di Genoveffa riposano nella Cripta della Casa Madre, Piazza del Pilar 22, a Saragozza, Spagna, continuamente visitati da fedeli che li si prostrano per implorare la sua protezione ed il suo aiuto. Intanto, la sua Opera è presente in Spagna, Italia, Messico e Venezuela. Le Suore Angeliche cercano di essere presenti dovunque la solitudine mostri il suo volto doloroso: fra gli anziani, i disabili, le vittime dell’incomprensione.

Il 29 gennaio 1995, Genoveffa Torres Morales è stata beatificata da Papa Giovanni Paolo II e, il 4 maggio 2003, è stata canonizzata dallo stesso Papa a Madrid.

Il 4 ottobre 2006, una statua di Genoveffa Torres Morales in una nicchia di S. Pietro a Roma è stata benedetta da Benedetto XVI.