Andreas Resch: Maria Elisabetta Hesselblad

MARIA ELISABETTA HESSELBLAD
(1870-1957)

FONDATRICE
DELL’ORDINE DEL
SS.  SALVATORE
DI SANTA BRIGIDA

Beata: 9 aprile 2000
Santa: 5 giugno 2016
Festa: 24 aprile

MARIA ELISABETTA HESSELBLAD nacque a Fåglavik (Västergöt­land), in Svezia, il 4 giugno 1870, quinta di tredici figli di August Robert Hesselblad e Cajsa Pettesdotter Dag. Al battesimo, nella chiesa luterana della parrocchia di Hundene, il 12 luglio 1870, ricevette il nome di Elisabetta. Passò la sua infanzia in diversi luoghi, seguendo la sua famiglia in cerca di lavoro per motivi economici. Crescendo in un ambiente religioso di controversie fra le chiese libere (la religione più diffusa in Svezia) e le altre comunità religiose, senza capire perché Dio dovesse essere venerato diversamente, soffriva nell’in­timo per questa divisione della Chiesa.

Terminata la scuola elementare, nel 1886 andò a lavorare a Kârlosborg e nel 1888, a 18 anni, emigrò negli Stati Uniti d’America in cerca di lavoro per venire incontro alle necessità della numerosa famiglia. Qui visse lunghi anni (1888­-1904) solerte infermiera nel grande ospedale Roosevelt di New York, dove a contatto con la sofferenza e la malattia affinò la sua sensibilità umana e spiri­tuale, conformandola a quella della sua compatriota Santa Brigida, sempre in ricerca dell’Unico Ovile, come scrive nelle « Memorie autobiografiche »: « Da bambina, andando a scuola e vedendo che i miei compagni appartenevano a molte chiese diverse, cominciai a domandarmi quale fosse il vero ovile, perché avevo letto nel Nuovo Testamento che ci sarebbe stato un solo ovile ed un solo pastore. Pregai spesso per essere condotta a quell’ovile e ricordo di averlo fatto specialmente in un’occasione quando, camminando sotto i grandi pini del mio paese natio, guardai in special modo verso il cielo e dissi: ‘Caro Padre, che sei nei cieli, indicami dov’e l’unico ovile nel quale Tu ci vuoi tutti riuniti’. Mi sembrò che una pace meravigliosa entrasse nella mia anima e che una voce mi rispondesse: ‘Si, figlia mia, un giorno te lo indicherò’. Questa sicurezza mi accompagnò in tutti gli anni che precedettero la mia entrata nella Chiesa ».
Un evento significativo per la sua vita spirituale Isabella lo sperimentò nel dicembre 1901, a Saratoga, New York. Fu l’incontro con una suora ammalata, la quale aveva bisogno di massaggi e fisioterapia. Elisabetta curava con devozione l’inferma e venne ripagata con preghiere della religiosa. Fu proprio qui che cominciò la sua conversione al cattolicesimo.

Un altro evento fondamentale accadde nel giugno del 1902, quando la sua amica Emma Cisneros entrò in convento. Isabella si rivolse allora, il 12 agosto 1902, alla locale Università dei Gesuiti per parlare con un sacerdote sulla Chiesa cattolica. Sotto la guida del dotto Gesuita p. Johann Georg Hagen studiò con passione la dottrina cattolica e, con meditata scelta, l’accettò, facendosi battezzare sotto condizione il giorno dell’Assunzione della Beata Vergine Maria del 1902 e, il 17 agosto seguente, s’accostò al sacramento dell’Eucaristia. Descri­vendo il tempo che precedette questo suo passo nella Chiesa cattolica osserva: « Passarono alcuni mesi durante i quali la mia anima fu immersa in un’agonia che credetti mi avrebbe tolta la vita. Ma la luce venne, e con essa la forza. Per tanto tempo avevo pregato: ‘O Dio, guidami, Luce amabile!’ ed effettivamente mi fu concessa una luce benevola e con essa una pace profonda ed una ferma deci­sione di fare immediatamente il passo decisivo ed entrare nell’unica vera Chiesa di Dio. Oh! bramavo di essere esteriormente quella che ero da tanto tempo nell’interno del mio cuore e scrissi subito alla mia amica al Convento della Visitazione a Washington: ‘Adesso vedo tutto chiaro, tutti i miei dubbi sono scomparsi, devo divenire immediatamente figlia della vera Chiesa e tu dovrai farmi da madrina… Prega per me e ringrazia Dio e la Beata Vergine’ ».

Nella primavera del 1903 Maria Elisabetta si trovava a casa in Svezia e, prima di partire per far ritorno in America, scrisse alla nonna i seguenti versi:

« Ti adoro, grande prodigio del cielo,
Che mi dai cibo spirituale in abito terreno!
Tu mi consoli nei miei momenti bui.
Quando ogni altra speranza per me e spenta!
Al Cuore di Gesù presso la balaustra dell’altare
Eternamente in amore sarò legata ».

Colpita da un male grave e ritenuto inguaribile, Elisabetta fu costretta ad interrompere gli studi di medicina. Data l’imminenza della morte, nel 1904, volle recarsi a Roma per offrire, come la sua connazionale santa Brigida (morta nel 1373), la vita per la Svezia separata dalla Chiesa di Roma. Qui ebbe per la prima volta l’incontro, nella cappella di Santa Brigida, con la Santa svedese. L’impatto con la santa provocò in lei un cambiamento radicale. D’ora in poi la sua vita non sarebbe più stata una ricerca, ma un’esperienza dell’unione con Dio.

Il 19 marzo 1904 ricevette la Cresima e in quel momento sentì che la sua vita doveva essere votata alla conversione cattolica del suo paese e al suo avvicinamento a Roma. Il 24 novembre 1904, nella casa di Santa Brigida, abitata dalle Carmelitane che l’accolsero con grande comprensione, vesì l’abito carme­litano prendendo Il nome di Suor Maria Elisabetta di Santa Brigida, conducendo una vita di preghiera e meditazione finche, nel 1906, diversi avvenimenti spin­sero Elisabetta alla realizzazione del sogno della sua infanzia: il desiderio che i membri della sua famiglia si convertissero al cattolicesimo si fece sempre più palese, l’arrivo a Roma del padre Hagen, preposto alla specola vaticana, l’inco­raggiava. L’intensa corrispondenza con le suore brigidine di Syon Abbey stimo­lava le sue prospettive e Pio X, informato delle sue intenzioni, le concesse di vestire l’abito del Ordine del SS. Salvatore di S. Brigida e di pronunciare i voti religiosi come figlia della Santa di Svezia. Il 22 giugno 1906, Elisabetta indossò per la prima volta l’abito brigidino e pronunciò i voti religiosi.

Intanto, guarita inaspettatamente dalla malattia gastroenterica, nel 1908 si mise in viaggio per raggiungere i monasteri brigidini sparsi in Germania, In­ghilterra, Olanda e Spagna. Ovunque veniva accolta amorevolmente, ma non sempre veniva data sufficiente attenzione al suo desiderio di riportare 1’Ordine nella nativa Svezia.

Al ritorno a Roma, nel 1911, sapeva che per la realizzazione del suo progetto bisognava percorrere altre strade. Rispondendo alle istanze e ai segni dei tempi dietro suggerimento del suo direttore spirituale, p. Hagen, fondò, il 9 settembre 1911, un nuovo ramo delle Brigidine, l‘Ordine del Santissimo Salvatore di Santa Brigida, iniziando con tre giovani inglesi la vita comuni­taria. Rimanendo fedele alla tradizione brigidina per l’indole contemplativa e la celebrazione solenne della liturgia, diede al suo Ordine una notevole tensione ecumenica per favorire il dialogo tra la Chiesa di Svezia e Roma, ispirato dal grande ideale « Ut omnes unum sint ».

Con molto coraggio e lungimiranza, nel 1923, riportò le figlie di Santa Brigida in Svezia, sopportando tutte le sofferenze fisiche che l’accompagnarono per tutta la vita. La fondazione fu il primo convento brigidino in Svezia dopo la Riforma. Gli anni tra il 1923 e il 1937 furono quelli, in cui Elisabetta si adoperò per aprire nuove case in Europa e, nel 1937, anche in India. Durante la seconda guerra mondiale (1939-1944), come anche durante il dopoguerra (1945-1954), diede rifugio a molti ebrei perseguitati e trasformò la sua casa in un luogo dove le sue figlie potevano distribuire viveri e vestiario a quanti si trovavano in necessità. In questo periodo strinse contatti con il mondo evangelico, l’ambiente ebraico nonché con la nascente Associazione per l’unità dei cristiani, chiamata Unitas, che ospitava nella casa di Santa Brigida, ottenuta nel 1931 dalla Santa Sede, e il suo orizzonte ecumenico si allargò sempre più.

Gli ultimi anni della Madre Elisabetta (1954-1957) furono segnati dalla sofferenza fisica e morale, anche a causa di sofferenze interne, nelle quali essa viveva un amore indicibile alla Chiesa e una fedeltà senza limiti ai suoi pastori, anche quando questi furono investiti di particolari mandati all’inter­no dell’Ordine.

Il 24 aprile 1957, dopo una lunga vita segnata dalla sofferenza e dalla malattia, morì nella casa di Santa Brigida a Roma, lasciando grande fama di santità tra le sue Figlie Spirituali, nel clero e tra la gente povera e semplice, che la venerò Madre dei poveri e Maestra dello spirito.

I suoi resti mortali riposano nel piccolo chiostro della casa di Santa Brigida, Piazza Farnese, 96, Roma.

Il 9 aprile 2000, Maria Elisabetta Hesselblad è stata beatificata da Papa Giovanni Paolo II.