LAURA MONTOYA UPEGUI
(1874-1949)
FONDATRICE
DELLA CONGREG.
DELLE SUORE MISSIONARIE
DI MARIA IMMACOLATA E DI SANTA CATERINA DA SIENA
Beata: 25 aprile 2004
Santa: 12 maggio 2013
Festa: 21 ottobre
LAURA MONTOYA UPEGUI nacque a Jericó, Antioquia, piccolo prese colombiano, il 26 maggio 1874, da Juan de la Cruz Montoya e Dolores Upegui, in una famiglia profondamente cristiana e di condizione economica modesta. Al battesimo, quattro ore dopo la nascita, ricevette il nome di Maria Laura di Gesù.
Trascorse l’infanzia nell’ambito della famiglia, ma quando aveva appena due anni suo padre fu assassinato nella cruenta guerra fratricida per difendere la religione e la patria, lasciando la moglie e i tre figli nell’abbandono e in una dura povertà, a causa della confisca dei beni da parte dei suoi nemici. Così, fin dai suoi primi anni, Laura conobbe cosa significasse soffrire come povera orfana. La mamma, non potendo farsi carico di tutta la famiglia, la affidò alla custodia dei nonni materni, che abitavano nella tenuta « La Vivora », vicino ad Amalfi. Gente profondamente religiosa, diede un’ottima educazione alla nipote, fino al punto che imparò a memoria il catechismo, e nel luglio 1881, all’età di sette anni, fu ammessa alla Prima Comunione. Dirà più tardi che da quel momento aveva cominciato la sua vita di preghiera e di culto al Santissimo.
Laura frequentò le scuole elementari ad Aná e ad Amalfi, dove sua madre esercitava la professione di maestra. Infine si stabilì a Medellín e, all’età di 16 anni, entrò nella «Normale de Institutoras» di Medellín per diventare maestra elementare e guadagnarsi così il sostentamento quotidiano. Ottenuto il titolo di Maestra, intraprese la carriera di insegnante, prima come direttrice della « Scuola superiore femminile » ad Amalfi, poi a Fredonia, quindi, nel 1896, a Santo Domingo e infine, nel 1898, assunse la direzione a Medellín del Collegio dell’Immacolata, che, nel 1906, fu chiuso per calunnie contro la direttrice. Dal 1907 al 1913 insegnò a La Ceja, Marinilla e Medellín.
Fu in questo periodo, più esattamente dal 1891, che Laura cominciava a sentire nel suo intimo la chiamata alla vita religiosa e missionaria; soprattutto desiderava portare il messaggio cristiano agli indigeni che occupavano vaste zone della Colombia. Ad un certo punto si sentì chiamata a realizzare quello che lei definiva « l’Opera degli indios ». Nel 1907, trovandosi nella città di Marinilla, scrive: « Mi vidi in Dio e come se mi avvolgesse con la sua paternità facendomi madre, nel modo più intenso, degli infedeli. Mi arrecavano dolore come veri figli ». Questo fuoco d’amore la spinse ad un lavoro eroico al servizio degli indigeni delle selve dell’America.
Aiutata da alcuni sacerdoti e d’accordo con il vescovo di Santa Fe de Antioquia, mons. Massimiliano Crespo, poté appagare i suoi desideri. Compì il suo primo viaggio apostolico e missionario nel 1908, con due compagne ed un sacerdote. La felice esperienza produsse un duplice risultato: il battesimo collettivo di 72 indigeni e la risoluzione che lei prese di dedicare la sua vita all’opera missionaria.
Tornata a Medellín, decise a donare tutta se stessa all’opera dell’evangelizzazione degli indigeni. Negli anni 1909-1914 organizzò viaggi missionari nelle loro terre insieme a sua madre e ad alcune compagne che si unirono a lei nell’opera delle « Missionarie catechiste degli indios ».
Nel 1912 si presentò al vescovo di S. Fe de Antioquia, disposta a partire per le foreste del golfo di Urabá per dedicarsi con alcune compagne all’evangelizzazione degli indios Caribe-Kunas. Il 5 maggio 1914, Laura, accompagnata dalla madre e da 4 sue amiche del gruppo delle « Missionarie catechiste degli indios », lasciò Medellín per recarsi a Dabeiba. Partirono con la forza della fede in Cristo e dell’amore per Maria, la Madre di quest’opera: « Ella, la Madonna Immacolata, mi attrasse in modo tale che mi è impossibile pensare che non sia ella il centro della mia vita ». Laura comprese la dignità umana e la vocazione divina degli indigeni. Voleva inserirsi nella sua cultura, vivere come loro nella povertà, semplicità e umiltà ed in questo modo abbattere il muro della discriminazione razziale del suo tempo. La solidità delle sue virtù fu provata e purificata dall’incomprensione e dal disprezzo di coloro che l’attorniavano, perché non compresero in quel momento quello stile di vita religiosa.
Su consiglio di alcuni superiori ecclesiastici e con l’appoggio del vescovo cercò, perciò, di dare una base sicura all’impresa, iniziando nel 1914 a Dabeiba la fondazione di una nuova famiglia religiosa che fin dall’inizio prese il nome Missionarie di Maria Immacolata e di Santa Caterina da Siena per condurre a compimento il suo ideale missionario come lo esprime nella sua Autobiografia: « Avevo bisogno di donne intrepide, valorose, infiammate nell’amore di Dio, che potessero assimilare la loro vita a quella dei poveri abitanti della selva, per condurli verso Dio ». Laura voleva che le Sorelle fossero mistiche nella loro azione missionaria, come afferma nelle Costituzioni: «Considerato l’obiettivo finale della Congregazione, per il quale i suoi membri devono spesso vivere una vita quasi nomade, affinché i selvaggi possano godere della bellezza e della bontà dei principi cattolici, le Sorelle si sforzeranno di conservare e di avanzare nella vita interiore dello spirito» (art. 4). « La nostra preghiera si ambienta nella realtà storica del popolo, integrando nella vita l’azione e la contemplazione » (art. 40).
Il 16 novembre 1916, ebbe la prima approvazione ecclesiastica del suo Istituto; il 1° gennaio 1917, emise la prima professione e quella perpetua, l’8 dicembre 1924. Nel 1914, fu eletta prima Superiora Generale della nuova Congregazione che governò fino all’anno 1929, e in seguito dall’anno 1938 fino alla morte.
In questi anni di vita religiosa Laura insegnò, assistette e protesse gli indigeni, li difese dinanzi alle autorità civili e ai coloni che volevano appropriarsi delle loro terre; chiese, a loro favore, degli aiuti, delle legislazioni adeguate al fine di conservare la loro cultura e i loro diritti inalienabili. Con i suoi scritti diretti al Governo, inoltre, sostenne gli interessi degli indigeni affinché venissero riconosciuti come padroni di questo immenso territorio, che apparteneva loro da molti secoli prima che la cosiddetta « scoperta e conquista dell’America » li spogliasse di tutti i beni.
Dalla sua penna scaturirono vari scritti quali Cartas Missionales y Aventura de Dabeiba, opere di carattere storico come Lampos de luz Proyecciones de un corazòn Humano-divino. Opere come Visitas Eucaristicas, Manual de Oraciones e Voces Misticas de la Naturaleza servirono da supporto alla preghiera alle sue figlie missionarie. Opere come Constituciones, Circulares e Directorio, invece, rappresentano la struttura spirituale e canonica della sua Congregazione religiosa. Laura scrisse altresì vari articoli per la Rivista Alma da lei fondata. Qui descrisse la sorte dell’indigeno e invitò a coltivare una coscienza cristiana che si interessasse a loro. Sono inoltre conservate migliaia di lettere indirizzate alle autorità ecclesiastiche e civili di varie Nazioni, ai sacerdoti, alle religiose e ai laici che la interpellavano. La sua Autobiografia, l’opera principale, scritta dietro suggerimento del Claretino Padre Esteban Le Doussal, è libro di confidenze personali. Li mostra la sua «pedagogia dell’amore», pedagogia adattata alla mentalità dell’indigeno, che le permetteva di addentrarsi nella cultura e nel cuore dell’indio e delle persone di colore portate nel continente.
Madre Laura viveva per la Chiesa che amava svisceratamente e per estendere le sue frontiere non temeva difficoltà, sacrifici, umiliazioni e calunnie. La sua Congregazione preparata ampiamente ebbe una vita itinerante. In un primo momento operò nella Prefettura di Dabeiba, dove diede inizio all’apostolato tra gli indios della regione di Urabá, ma dopo dieci anni dovette abbandonare la regione perché le autorità disapprovarono il loro modo di essere religiose e missionarie. Infatti, la sua Opera missionaria ruppe gli schemi tradizionali, lanciando le donne come missionarie nell’avanguardia dell’evangelizzazione nell’America Latina. Successivamente, nella Diocesi di Santa Rosa de Osos fondò la Casa Generalizia ed il noviziato, che dovette, però, abbandonare quasi subito a causa di alcune difficoltà. Si trasferì allora nella Diocesi di Santa Fe de Antioquia, e finalmente, nel 1940, trovò in Medellín un posto definitivo. Quest’ultimo trasferimento segnava però anche l’ultimo passo di Laura. Infatti, i restanti nove anni della sua vita trascorse sulla sedia a rotelle senza però lasciare il suo apostolato della parola e della penna. Dopo una lunga e penosa agonia, morì a Medellín, i1 21 ottobre 1949. Alla sua morte lasciò la Congregazione Missionaria diffusa in 90 case, distribuite in tre paesi, con 467 religiose. Attualmente le Missionarie lavorano in 19 paesi distribuite in America, Africa ed Europa.
La sua tomba si trova a Carrera 92 N. 34 D 43, Barrio Belencito, Medellín Antioquia, República de Colombia, Sud America.
Il 25 aprile 2004, Laura Montoya Upegui è stata proclamata Beata da Papa Giovanni Paolo II.