Emanuele González García


EMANUELE GONZÁLEZ GARCÍA

(1877-1940)

VESCOVO E FONDATORE
DELLA CONGREG. DELLE MISSIONARIE EUCARISTICHE
DI NAZARETH

Santo: 10 ottobre 2016
Festa: 4 gennaio

EMANUELE GONZÁLEZ GARCÍA, quarto di cinque fratelli, nacque a Siviglia, il 25 febbraio 1877, in seno ad una famiglia umile e profondamente religiosa. Il padre, Martin González Lara, era falegname e lavorava presso un collegio dei Salesiani, mentre la madre Antonia García, di professione sarta, si occupava della casa. Al battesimo ricevette il nome di Emanuele. L’intensa vita cristiana della sua famiglia e l’esempio di pii sacerdoti lo condussero a scoprire la sua vocazione. Senza avvisarne i genitori, all’età di 12 anni, nel 1889 si presentò ai previsti esami di ingresso in Seminario ed i suoi accettarono tale sorpresa del loro figlio con sentimenti di totale accettazione delle vie di Dio. Emanuele, ben consapevole della precaria situazione economica della famiglia, pagò il periodo degli anni di formazione lavorando in seminario come domestico.

Come seminarista si distinse per la sua intelligenza e la sua onestà. All’ età di 15 anni fu in pericolo di morte. Giunse finalmente il traguardo tanto atteso: i1 21 settembre 1901, giorno nel quale ricevette l’ordinazione sacerdotale per le mani del cardinale Marcello Spinola. Nel 1902 fu inviato a dare una missione a Palomares del Rio, dove ebbe una particolare esperienza che avrebbe condizio­nato tutta la sua vita sacerdotale. Egli stesso ci descrive tale esperienza con le seguenti parole: « Mi recai direttamente davanti al tabernacolo… e, che taberna­colo, Dio mio! Che sforzi dovettero fare colà la mia fede e il mio coraggio per non tornarmene di corsa a casa mia. Ma, non fuggii. Là, in ginocchio… la mia fede vedeva un Gesù così taciturno, cosi paziente, cosi buono, che mi guarda­va… che mi diceva tante cose e me ne chiedeva di più; uno sguardo, il suo, nel quale si rifletteva tutta la tristezza che emerge dal Vangelo… Lo sguardo di Gesù in questi tabernacoli e uno sguardo che si fissa nell’anima come un chiodo e non si dimentica mai più. Esso divenne per me come il punto di partenza per vedere, capire e prevedere tutto il mio ministero sacerdotale ». Da quel giorno si con­vertì in un adoratore assiduo e in un apostolo dell’Eucaristia. Per tre anni esercitò il suo ministero a Siviglia in un ricovero per anziani e cominciò con loro a formare dei gruppi di adoratori del Santissimo.

Nel marzo del 1905 venne nominato da Spinola economo nella par­rocchia di S. Pietro di Huelva, una cittadina di 10.000 abitanti. Si trovò di fronte ad una situazione di notevole indifferenza religiosa e di odio contro la Chiesa suscitati da tecnici ed ingegneri inglesi arrivati per l’esplorazione delle miniere di Rio Tinto. Don Emanuele sapeva che per convertire la gente era necessaria anzitutto la preghiera. Tutti i giorni alla cinque del mattino si recava in chiesa e rimaneva fino alle dieci, pregando davanti al tabernacolo o aspettando nel confessionale i possibili penitenti. Non si accontentava però della preghiera. Come parroco della parrocchia di San Pietro e arciprete di Huelva visitò i malati, si preoccupò della situazione delle famiglie bisognose e dei bambini. Aprì delle scuole nuove, ristabilì la catechesi, lottò contro le unioni di fatto e i funerali civili. Nel frattempo pubblicò il primo dei suoi numerosi libri: Ciò che può un parroco oggi, opera che divenne punto di riferimento per i sacerdoti.

Il 4 marzo 1910, davanti ad un gruppo di donne, fedeli collaboratrici della sua attività apostolica, espose con forza il grande desiderio del suo cuore di­cendo: « Permettete a me, che invoco molte volte la sollecitudine della vostra carità a favore dei bambini poveri e di tutti i poveri abbandonati, di invocare oggi la vostra attenzione e la vostra cooperazione in favore del più abbandonato di tutti i poveri: il Santissimo Sacramento. Vi chiedo una elemosina di affetto per Gesù Sacramentato… per amore di Maria Immacolata e per amore di questo Cuore così mal corrisposto, vi chiedo che diventiate le Marie di questi taberna­coli abbandonati ».

Nacque cosi l‘Opera delle tre Marie e dei discepoli di San Johann per i Tabernacoli­Calvari (Obra del las tres Marias y de los discipulos de san Juan para los Sagrados­ Calvarios) per dare una risposta di amore riparatore all’amore di Cristo nell’Euca­ristia. Nello stesso anno fondò inoltre la Riparazione Infantile Eucaristica.

La rapida diffusione di questa Unione Eucaristica Riparatrice in altre diocesi di Spagna e America, attraverso la rivista El Granito de Arena (« Il granello di sabbia »), che don Emanuele aveva fondato tempo addietro, lo spinse ad andare a Roma a sollecitare l’approvazione del Papa. Il 18 novembre 1912 fu ricevuto in udienza da Pio X, cui venne presentato come « l’apostolo dell’Eucaristia ». San Pio X si interessò di tutta la sua attività apostolica e benedisse l’Opera.

Intanto il Nunzio di Madrid fissò gli occhi sull’arciprete che aveva ormai 38 anni ed era il sacerdote più celebre della Spagna. Nel dicembre 1915 venne nominato vescovo ausiliare di Malaga e il 16 gennaio 1916 ricevette l’ordina­zione episcopale, affermando che voleva essere «il Vescovo dei tabernacoli abbandonati ». Nel 1918 fondò i sacerdoti Missionari Eucaristici e nel 1920 venne nominato vescovo residenziale di quella stessa sede, circostanza che volle cele­brare offrendo un banchetto ai bambini poveri, invece che alle autorità che, insieme ai sacerdoti e ai seminaristi, servirono il pranzo a tremila bambini.
A Malaga non fu facile il suo ministero. Lo facevano soffrire le critiche e gli intrighi di un gruppo di sacerdoti, che lo accusavano di cose infami, perché avevano paura di perdere i loro privilegi. Pur essendo paziente anche con gli avversari, fu infine costretto a scrivere al Nunzio, al quale erano arrivate le denunzie. « Gli intrighi e i fatti di Malaga mi rendono la vita molto amara! Mi fa tanto soffrire il ricevere colpi alle spalle! Mi incoraggia solo il pensare che il Sacro Cuore di Gesù accetta il sacrificio della mia salute, della mia pace, del mio onore e della mia vita… ».

Con questa fiducia nel Signore non si lasciò scoraggiare. Come aveva fatto a Huelva, potenziò le scuole e le catechesi parrocchiali, praticò la predicazione spicciola, conversando con chiunque incontrava sul suo cammino. Visitò tutte le parrocchie e propagò il culto dell’Eucaristia attraverso le associazioni da lui fondate a questo scopo. Ai suoi sacerdoti, così come ai membri delle diverse fondazioni da lui realizzate, propose come via di santità di « giungere ad essere ostia in unione all’Ostia consacrata », il che significa « dare e darsi a Dio e a favore del prossimo nel modo più assoluto e irrevocabile ».

Il 3 maggio 1921 mons. González riunì a Málaga un gruppo delle associate di « Marie dei Tabernacoli » ed eresse sotto la direzione di sua sorella Antonia († 14.04.1964), poi superiora dell’Istituto fino al 1963 e che viene considerata la c onfondatrice, la Congregazione religiosa delle Missionarie Eucaristiche di Nazareth.
Un’altra iniziativa di grande valore attuata a Málaga fu la costruzione del nuovo Seminario, dove arrivò a raccogliere quasi 300 seminaristi. Ma anche la realizzazione di quest’opera gli comportò amare critiche.

Con l’arrivo della Repubblica in Spagna, la sua situazione si fece delicata. L’11 maggio 1931, l’attacco contro la sua persona si fece diretto. Fu incendiato il palazzo vescovile. A spintoni e sotto la minaccia delle armi, lo fecero vagare per le strade buie della città. Qualcuno portava una corda per legargliela al collo. Infine il vescovo fu costretto, con i propri familiari e le religiose Sorelle della Croce, a rifugiarsi a Gibilterra per non mettere in pericolo la vita di quanti lo ospitavano. Nel dicembre del 1931 rientrò di nascosto a Ronda, in diocesi di Málaga. Nell’otto­bre del 1932 partì per Roma. Di ritorno fece visita al Nunzio di Madrid per dirgli che era disposto a tornare a Ronda pur sapendo che sarebbe stato ucciso. Il Nunzio gli ordino di restare a Madrid e da lì diresse la diocesi fin al 1935. Rimasto privo di tutto, visse di elemosine, sopportò svariate accuse, scrisse libri, fu direttore spirituale di anime ansiose di santità, potenziò le opere eucaristiche da lui istituite e fondò, sempre nel 1932, l’istituto delle Missionarie Ausiliarie Nazerene, oggi note come « Las Marias de los Sagrados » (Le Marie dei Tabernacoli) presenti in molte parti del mondo.

E 5 agosto 1935 fu nominato vescovo di Palencia, dove svolse gli ultimi anni del suo ministero episcopale. Con stile agile, pieno di grazia andalusa e di delica­tezza, trasmise l’amore all’Eucaristia, introdusse all’orazione, formò catechisti, gui­dò i sacerdoti. Negli ultimi anni la sua salute peggiorò progressivamente.

Il 4 gennaio 1940 rese la sua anima al Signore e venne sepolto nella cattedrale di Palencia, Spagna, dove si può leggere l’epitaffio che egli stesso dettò per la sua tomba: « Chiedo di essere sepolto vicino ad un tabernacolo, affinché le mie ossa, dopo la mia morte, come la mia lingua e la mia penna durante la vita, stiano sempre dicendo a coloro che passano: Qui sta Gesù! Sta qui! Non lasciatelo abbandonato! ».

Il 16 ottobre 2016, Emanuele González García è stato proclamato Santo da Papa Francesco, dopo che, il 29 aprile 2001, Papa Giovanni Paolo II lo aveva beatificato.